…a che punto eravamo?

Guardando indietro tanto è cambiato. Ci siamo sposati la scorsa estate, io e Alessandra abbiamo ottenuto entrambi un contratto di lavoro migliore. Abbiamo un gatto, una casa che ci piace molto e nella quale penso resteremo ancora a lungo. Anche la città sta cambiando, forse in una direzione più capitalista e gretta, che spero non ne uccida lo spirito libero (ma d’altra parte, è il mondo che va in questa direzione).

L’Italia è un posto dove ci sono famiglie e vecchi amici, ma al quale non mi sento più così vicino. Sapere che sono sempre lì mi conforta. Mi intristisce però sapere che in molti si sentano quasi “costretti” ad emigrare all’estero, quando per me ed Ale è stata una scelta.

In Germania dicono: Mit den Fußen abstimmen – votare con i piedi. Restare o andare via, è una scelta. Conta più di votare, anzi è molto più utile di votare, almeno egoisticamente. Certo guardandomi indietro benedico ogni volta il giorno in cui ci siamo decisi ad espatriare: volo Easyjet di sola andata, due settimane di affitto temporaneo e il corso di tedesco per 6 mesi prenotato. Ora abbiamo un minimo di sicurezza che in molti si possono solo sognare. Quanta fatica però ci è voluta, quante bestemmie contro ogni possibile impiegato di Amt ottuso o datore di lavoro stronzo. Ma alla fine, per tutto quello che abbiamo ottenuto, non abbiamo dovuto ringraziare nessuno.

Anyway, non voglio farvi annoiare con questi discorsi: devo andare a cucinare la scarola con le olive.  In questo siamo patrioti, noi e i Turchi. La scarola.

Liebe Grüße,

Federico.

Prega richiamare.

Oh quante belle figlie, Madama Doré,
oh quante belle figlie.

Siamo incostanti, incasinati in evoluzione e involuzione.
Soprattutto io (e figurarsi) che non trovo pace e sono di nuovo in cerca di un nuovo lavoro.
Ho un contratto in scadenza, tantissime ambizioni ed un progetto imprenditoriale preciso. Pochi soldi che mi costringono a prender tempo e a cercare nella giungla dei call center qualcosa che mi dia modo di respirare.
Sono in forma, mi attivo, mi do fiducia spinta dalla dose forte della mia motivazione.
Poi crollo e Fedefigo mi afferra al volo con un pacchetto di Tempo al balsamo.

C’è qualcosa che è cambiato.
Che mi rende diversa dalla persona che fino a qualche mese fa voleva nascondersi in fondo al letto e non uscire più.
C’è l’umanità che ho incontrato.
Non sono (per niente) solita alle sviolinate di piazza ma io volevo solo dire, in questo mio breve sproloquio, che sono innamorata.
Di molte persone e di tanti momenti e che se non avessi questo (e se non potessi mangiare le melanzane a casa mia, Elena) non credo che ce la farei.

Questo è quanto.
Alessandra

Bisogna volervi più bene.

C’era un popolo che per 50 anni si affidò alle mani della DC e soci. Questo li portò sull’orlo del disastro morale ed economico.

Si fece un governo tecnico che a costo di lacrime sangue e sacrifici, accettati di buon grado dai poveri cristi come i miei genitori, salvò l’Italia dal baratro per proiettarla direttamente nelle braccia di un impreditore televisivo senza scrupoli che governò per 15 anni circa (salvo interruzioni rivelatesi inutili e/o deleterie).

Egli riuscì nell’intento di demolire ancora di più l’economia, il tessuto sociale e morale dell’Italia, in maniera molto più efficace ed efficiente di 50 anni di DC.

Ora si fa un nuovo un governo tecnico di banchieri che a costo di lacrime sangue e sacrifici salverà l’italia dal baratro per proiettarla… (continua tu la storia a piacere).

Ostalgie alimentari

Quanto contano i prodotti di consumo nei nostri ricordi? E quanto contano nella memoria collettiva di un popolo?

Quante volte parlando con i propri coetanei si finisce per ricordare la merendina del Mulino Bianco scomparsa, il giocattolo preferito, la vecchia confezione di Fanta col fondo di plastica dura.

Ci sono molti tedeschi cresciuti nella DDR, come la mia collega Stefi, che ha esattamente la mia età, che ricorda con stupore la prima volta che varcò il confine del suo quartiere (Pankow) per andare a fare una passeggiata con la famiglia nell’ “ovest dietro l’angolo”. Erano passati tre giorni dall’apertura della frontiera dopo quasi 30 anni di “Muro”. In quell’occasione visitò un ALDI, di cui le restò impresso in particolare il reparto di dolciumi. La vista di uno scaffale pieno di Gummibärchen, cioccolata di ogni sorta e ovetti kinder le causò una sorta di sindrome di Stendahl mista ad uno svenimento da iperglicemia psicosomatica.

Altri però ricordano con nostalgia il pasto della mensa della scuola. Quello che talvota era (ebbene sì) un piatto di pasta al pomodoro. Solo che la pasta era bianca-fluorescente e scotta, il sugo concentrato di pomodoro ungherese, zuccherato e tremendamente simile all’occidentale ketchup. Ad insaporire il tutto c’erano pezzetti di Jagdwurst (una specie di insaccato dal sapore simile alla mortadella) e, nelle migliori occasioni, un croccante Jägerschnitzel affettato (lo stesso insaccato di prima, solo impanato e fritto).

Simile cosa farebbe rabbrivire noi italiani, ma tanti miei colleghi ricordano ancora con affetto tale ricetta. Anzi fanno di più. Ogni giovedì una ostalgica macelleria nei pressi del nostro ufficio prepara questa Delikatesse.

E loro, sempre ostalgicamente, vanno a mangiarla. Per 2 euro ricevi la versione “standard”. 2 euro e 50 invece con il mortale Jägerschitzel.

Mi invitano sempre, un pò prendendomi in giro. Un pò sul serio. Io in genere declino gentilmente l’invito.

Però una volta accettai.

TERRORE! MISERIA! MORTE!

Se qualche volta vi propongono di mangiare gli Ossi Nudeln, varcherete una soglia che non andrebbe mai oltrepassata.

Grüß,

Federico.

“Trasloco”, ovvero, nuovo sinonimo di “Bestemmia”

“Tesoro, sono a casa!”
“Quale?”
(Battute tipo di famiglie atipiche)

Cari amici,
dopo poco più di un anno dal nostro ultimo trasloco e soli cinque (CINQUE!) mesi di ricerca, eccoci al lavoro per trasferirci in una nuova base operativa.
No, non voglio spiegarvi come si fa a cercare casa qui. Il web è pieno di blog più o meno seri che spiegano in maniera più o meno verosimile come fare a riuscirci perciò arrangiatevi (sempre con rispetto).
Il mero scopo di questo post è (come tutti quelli che scrivo, in effetti) di condivisione di sana gioia di vivere. Sono gioiosa per diverse ragioni.  Prima fra tutte quella di avere, finalmente, un vero cesso.
Uno con la vasca da bagno e il termosifone dentro, capite? E no, non c’è il bidet.
Tra le altre cose è in uno dei miei quartieri preferiti quindi meglio ancora.
Però, mica poteva essere tutto figo? Eh no! Quindi abbiamo 8 giorni esatti per ridipingere le pareti del nuovo appartamento, ordinare mobili che ci servono, dare una sistemata anche al pavimento e fare il trasloco.
La vita è bella, le bestemmie meno.

Ad ogni modo sono cambiate parecchie cose negli ultimi mesi.
Ho trovato un lavoro semidecente (almeno lo è lo stipendio), ho detto addio a quella brutta storia del sussidio, è stato pianificato un matrimonio (il nostro) ed ho preso un paio di chili. Stai a vedere che Ali c’aveva ragione.

Tanto amore a voi
Alessandra

Ah, sono antipatica ma se avete domande più specifiche vi rispondo lo stesso 🙂

Considerazioni davanti ad un Waffeln col gelato alla vaniglia

“Berlino è come una reflex. È di moda, se la comprano tutti ma quasi nessuno la sa usare.”

17 Marzo 2011.

“Se ciò che sembra impossibile accade in un paese avanzato come il Giappone, la situazione è cambiata. Esiste una regola fondamentale: in caso di dubbio, si sceglie la sicurezza” Questa è la Merkel, che ha appena deciso di tornare sui suoi passi. Le centrali nucleari più vecchie verranno chiuse, come deciso dai suoi attuali avversari politici nel 2001.

Ah, peccato, voi avete la Prestigiacomo.

Hartz IV e prese di coscienza

When there’s nothing left to burn
you have to set yourself on fire

(The Stars, “You Ex-Lover is Dead”)

Il mondo è un posto difficile in cui vivere. Perché tu puoi decidere di scappare, di emigrare, di nasconderti o, come dice Fedefigo di „ritirarti a vita privata“ ma se sei medaglia d’oro di seghe mentali (tipo me) non c’è posto in cui si possa andare per evitarle.
Forse le donne, specie quelle ipotiroidee, sono più predisposte all’autolesionismo psicologico ma io ho bisogno di qualcosa di concreto che mi permetta di liberarmi la mente. Chessò, una discussione, un incidente, una bastonata in fronte o, come è successo ieri, un incontro in fila a uno sportello.

Partiamo dal principio.
Sono miserabile (in termini economici, eh, non ho niente a che fare con Victor Hugo) quindi lo stato ha deciso di versarmi un po’ di denari.
Tutto ciò comporta, giustamente, tutta una serie di rotture infinite. Vogliono sapere che fai qui, quanto guadagni, con chi vivi, che programmi hai, quante volte a settimana carichi la lavatrice e se ti piace o no Amici di Maria De Filippi. Tutto questo previa documentazione ufficialte che ci si procura sbattendo come pazzi in millemila uffici diversi sfoderando tutte le conoscenze più approfondite del verbo germanico. In più devi dimostrare, sempre giustamente, che stai cercando attivamente un lavoro più redditizio ed hai l’obbligo di lasciare il territorio tedesco SOLO seguendo un calendario di 20 giorni annui e SOLO dopo aver comunicato la cosa per via uffciale.
Tutto questo mi ha resa molto stressata e un po’ triste perché prendere l’Hartz IV (così si chiama il sussidio) mi fa sentire un po’ come quelli che, muniti di torcia, si mettono a cercare le bottiglie nei cestini della munnezza.
Ad ogni modo ieri ho incontrato un saggio sottoforma di cittadino Turco di mezza età.
In fila all’ Ausländerbehörde mi fa:
„Posso sedermi qui vicino a te?“
„Sì, certo. Prego.“
Mi chiede da dove vengo, cosa faccio lì e che programmi ho.
Ad ogni mia risposta segue, come per un cortese voler ricambiare, un racconto della sua esperienza in merito.
Poi: „Ah, sei di vicino Napoli. Sei mafiosa?“
„Beh, purtroppo no, pare che quelli facciano una bella vita. Di sicuro guadagnano più di me“.
Allora con tutta la sincerità che possa scaturire dal cuore di un individuo mi dice:
„Non dire così e non essere triste. Non c’è niente di più importante nella vita della salute e dell’amore e tu hai tutti e due. Sei in una posizione perfetta, hai tutti i mezzi per andare dove vuoi.“
Sembra una frase di una banalità disarmante ma era quello che desideravo sentire e che mi serviva per scuotermi.

Grazie Ali il turco, ti ho voluto bene in quei 10 secondi più di quanto tu possa credere.

Alessandra

Letteratura tedesca for dummies

Una delle cose che mi mancava dell’Italia (una delle poche) era il poter comprare libri. Ovviamente esiste Amazon, ma a me piace anche il pre-acquisto, l’andare in libreria, il perdere tempo a scegliere il libro prescelto, il sedersi nel primo Cafè ed iniziarlo a leggere. Purtroppo a Berlino è difficile comprare libri in italiano: le sezioni nella nostra lingua delle librerie sono ridicole sia per dimensione che per scelta degli autori (domina Fabio Volo). Leggo spesso e con piacere in Inglese, soprattutto gli autori che provengono dai paesi anglofoni, però ultimamente mi sono deciso a comprare qualcosa in tedesco. Ed ecco che mi imbatto nel libro “Russendisko” di Wladmir Kaminer, di cui non mi ricordo quale insegnante ci raccontò la storia. Kaminer è un emigrante come noi, ha imparato il tedesco in maniera quasi rocambolesca ed è diventato in seguito uno degli animatori culturali della città. Quale scelta migliore di un emigrante che è poi diventato un autore (in lingua tedesca) di successo? Senza contare il fatto che è anche diventato un dj famoso nonchè il proprietario del celeberrimo Kaffee Burger, sede di tante sbronze a base  di vodka liscia.

Il libro è autobiografico, racconta della sua emigrazione dopo la caduta del regime sovietico nella effervescente Berlino degli anni ’90. Il libro si lascia leggere con piacere ed è pieno di aneddoti e personaggi assurdi che popolano la capitale tedesca. Ma cosa più importante, non è eccessivamente ostico anche per una capra come me.

Se volete interessarvi a Berlino e al come si è arrivati al meltin’pot attuale, è una lettura consigliata. Credo si trovi anche in Italia. Oppure potreste ordinarlo su Amazon!

Federico.

Scontate verità che troppo scontate non sono mai.

E nce ne costa lacreme st’America
a nuje Napulitane!

Miei cari,

riprendo in mano questo blog dopo un periodo di difficoltà oggettiva. Come succede ai migliori mi ritrovo in un periodo di crisi personale dovuto ad un rallentamento clamoroso del mio percorso di realizzazione. Il tutto può anche essere letto così: „Non sto quasi lavorando più, non ho una lira e non trovo un altro lavoro. A Natale ho incartato pacchetti di fazzoletti di carta per tutti.“

Se la parola d’ordine è resistere io l’ho fatto ubriacandomi con il glühwein corretto perché, diamine, siamo sempre a Natale! Questo è l’espediente che uso quando la dose massiccia di beghe (seghe) mentali è talmente alta da impedirmi una corretta analisi circa il mio stato mentale. L’ alcol cancella il processo di masturbazione cerebrale, si sa, ma voi non fatelo perché fa male alla salute! Sono arrivata alla conclusione che, per quanto possa star male e in allerta, non riesco ad essere infelice perché questo è il risultato di un percorso che mi ha portato un sacco di belle cose, oltre a questa, e che io ho scelto.

Appunto, io.

Da quando siamo qui è aumentato il numero di persone che conosco che vogliono trasferirsi a Berlino. Una premessa doverosa da fare è che Berlino l’abbiamo scelta per diverse ragioni, anche queste frutto di ragionamenti meramente personali. Innanzi tutto ci siamo sentiti a casa dalla prima volta in cui vi abbiamo messo piede, parlo di cinque anni fa. Inoltre, essendo una città molto economica, ci ha permesso di soggiornarvi per un certo periodo senza lavorare ed investendo nella nostra formazione, necessaria a restare qui.

Detto questo è altrettanto necessario spiegare cose già dette ma che è importante ribadire:

  1. Non puoi vivere appieno né (assolutamente) lavorare in un posto di cui non conosci la lingua. Non mi stancherò mai di ripeterlo, in Germania si parla il tedesco. Vuoi vivere qui? Imparalo!
  2. Berlino è una città affascinante ma piena di limiti. Uno fra tutti il lavoro. Il fermento nel campo è al minimo e, sebbene il settore dei mini job sia piuttosto fiorente, resta difficile trovare un’occupazione degna di questo nome. Mi riferisco al salario fisso, ferie e contributi pagati, tredicesima…. Questa è una città che ha tantissimo da offrire, basta non mirare alla ricchezza.
  3. Non è umano vivere con il solo sussidio di disoccupazione. Seppure mangi tutti i giorni sarai destinato, per forza di cose, ad essere una persona un po’ arida. Accontentarsi è un male e, seppure non si trova il lavoro dei sogni, è importante almeno provare e sforzarsi di essere felici.

Sono due cosette semplici ma sostanziali. È bene tenerle in mente se non si vuole andare incontro a grosse difficoltà.

Dalla mia, l’unico vero consiglio che mi sento di dare è questo:

Non scegliete di trasferirvi in una città solo perché è di moda al momento o perché ha dato fortuna a qualcuno che conoscete. Nei lmiti del possibile cercate di viaggiare, informarvi, siate curiosi. Restate sempre allerta e quando avrete sentito che il momento è arrivato perché avete davvero trovato “casa” allora non esitate. I grossi ostacoli che sarete costretti ad affrontare resteranno sempre un prezzo troppo basso da pagare se in cambio otterrete ciò che volevate. Perché le cose che vi regalano avranno sempre meno valore di quelle che avrete ottenuro lottando.

Vi amo

Alessandra